🇮🇹 La traduzione umanitaria oltre la lingua: come rispondere ai reali bisogni comunicativi dei migranti?

il nostro incontro con Language Aid sulla “multi-modalitĂ ” della comunicazione

In occasione della Giornata Mondiale della Traduzione, proponiamo una riflessione sulla traduzione umanitaria, la traduzione nel suo lato più umano, se così vogliamo dire, quella che permette al traduttore di sviluppare una maggiore consapevolezza e assumersi una più ampia responsabilità nei confronti del tessuto sociale che lo circonda e di cui fa parte e, quindi, dell’intera “filiera comunicativa”. Quest’ultima è da intendersi come la catena di soggetti coinvolti nel processo di comunicazione, il contenuto, il canale di veicolazione, le caratteristiche delle informazioni trasmesse e il contesto.
Come abbiamo giĂ  raccontato in un precedente
articolo e sui nostri canali social, collaboriamo con LanguageAid, il cui obiettivo è prestare “soccorso linguistico” attraverso le varie funzionalità dell’omonima piattaforma. Garantisce una comunicazione efficace tra i cittadini migranti (e tutti quegli enti e quelle associazioni/organizzazioni che operano a contatto con loro) e i traduttori/mediatori. Desiderose di dare il nostro contributo oltre la traduzione volontaria, abbiamo voluto incontrare il team di LanguageAid a Torino per partecipare a un incontro dedicato alla semplificazione linguistica e al visual language. Vi vogliamo raccontare com’è andata e condividere con voi una riflessione sulla “multi-modalità” della comunicazione e su come possiamo utilizzarla per rendere la nostra società davvero inclusiva.

Torino vista dall’alto

Il giorno 21/07/2022 siamo arrivate a Torino in compagnia di Giulia Bacherini, una cara amica (anche lei livornese come Chiara!) che ci ha presentato il progetto LanguageAid. Abbiamo finalmente incontrato di persona il team di LanguageAid per partecipare a un primo incontro sulla comunicazione aumentativa e la semplificazione linguistica. Hanno partecipato figure professionali di diversa natura (una logopedista, operatori medico-sanitari, linguisti, traduttori, una drammaturga), tutte quotidianamente alle prese con il linguaggio.

Il prulinguismo astratto

Nonostante i percorsi formativi e lavorativi differenti (anche se spesso paralleli o addirittura affini) e le altrettante esperienze e interessi peculiari, un primo pensiero condiviso che è emerso è l’abuso odierno del termine ‘plurilinguismo’. L’aggettivo ‘plurilinguistico’ viene usato spesso per descrivere la societĂ  odierna in cui, grazie soprattutto ai movimenti globali e ai flussi migratori, si è creato un panorama linguistico estremamente variegato. Tuttavia, se sulla carta riconosciamo e accogliamo questa diversitĂ  linguistica, la realtĂ  è ben lungi dall’essere linguisticamente e, quindi, socialmente inclusiva. La visione cosmopolita che cerchiamo di diffondere e sostenere è influenzata da logiche capitaliste e, contrariamente a quanto sembra indicare, finisce per privilegiare determinate lingue, culture e “visioni del mondo”. Il ‘plurilinguismo’ che abbiamo in mente è un concetto puramente astratto che non tiene conto delle reali esigenze linguistiche e comunicative dei cittadini stranieri che vivono nel nostro Paese. Ci manca quel “mettersi nei panni dell’Altro”, che, purtroppo, abbiamo disimparato a fare. Sono numerosi gli esempi che ce lo confermano; basti pensare alle numerose barriere linguistiche in cui si imbattono i migranti quotidianamente: agli sportelli, dove mancano documentazione e informazioni in molteplici lingue, negli ospedali, dove c’è poca disponibilitĂ  di personale specializzato e strumenti innovativi per le emergenze linguistiche, ma anche nelle scuole, dove spesso mancano mediatori e supporti adeguati.

L’inclusività bottom-up e la chiave per una rivoluzione linguistica e sociale

Il diritto a comunicare nella lingua e nel formato che una persona desidera dovrebbe essere annoverato tra i diritti fondamentali dell’individuo, insieme all’accesso ai beni alimentari, alle cure mediche e al diritto all’abitazione. Ciò che serve è una rivoluzione umanitaria che metta la lingua, la comunicazione e la traduzione al centro di agende politiche e piani di bilancio. Solo così potremo restituire alle persone il diritto all’autodeterminazione. Fortunatamente, qualche primo passo in questa direzione è stato fatto: la creazione di dipartimenti o sezioni dedicati alle lingue e alla traduzione all’interno di alcune organizzazioni umanitarie, come Amnesty International o Oxfam, la raccolta e pubblicazione di dati da parte di organizzazioni, come Unicef e Reach, Unhcr e Save the Children, che evidenziano come alla marginalizzazione linguistica corrisponda una marginalizzazione nella sfera dei diritti. Questi primi passi hanno condotto a una maggior consapevolezza, ma occorre continuare a muoversi in questa direzione. Noi, così come gli altri partecipanti all’incontro, pensiamo che LanguageAid sia sulla buona strada, perchĂ© è un progetto nato dal basso che mira a risolvere le emergenze linguistiche presenti sul territorio italiano, al primo posto nella cittĂ  di Torino, dove è nato il progetto. Un altro pensiero condiviso è, appunto, l’idea che serva partire dai bisogni delle comunitĂ  migranti e renderle partecipi al cambiamento sociale che vogliamo apportare. In questo modo sarĂ  possibile creare un sistema di accoglienza funzionante bottom-up e inclusivo e offrire una molteplicitĂ  di narrazioni alternative a quella dominante che demonizza e vittimizza la figura del migrante. Se da una parte la diversitĂ  linguistica inizia a essere riconosciuta, è necessario aprire ulteriormente occhi, mente e cuore per comprendere che non può e non deve esistere un canale privilegiato di comunicazione. Ogni persona ha le proprie esigenze comunicative ed è un nostro dovere da linguisti e traduttori garantire che vengano soddisfatte, perchĂ© come esistono interlocutori che parlano lingue diverse allo stesso modo esistono interlocutori (ma attenzione, anche contesti!) che non contemplano la comunicazione verbale. La lingua in certi casi non è sufficiente e adeguata per portare avanti una conversazione biunivoca. A partire da queste premesse siamo giunti a parlare di comunicazione aumentativa. 

La comunicazione aumentativa alternativa: definizione e ambiti di utilizzo

Esempio di tabella per la comunicazione aumentativa alternativa
Photo credits: @pinterest – comunicaazione.blogspot.it

La comunicazione aumentativa alternativa (CAA), conosciuta anche in maniera “limitante” come visual language, è un tipo di comunicazione nata in ambito medico-sanitario allo scopo di rispondere alle esigenze di comunicazione in situazioni di deficit cognitivo. Si tratta di una comunicazione basata su simboli visivi e strumenti tecnologici (tabelle, immagini, app ecc.), che abbraccia la multi-modalitĂ  per andare incontro alle esigenze di ogni singolo interlocutore. Inizialmente utilizzata con pazienti aventi patologie, i suoi studi si sono successivamente focalizzati sui disturbi dello spettro autistico, ed oggi la cerchia dei suoi fruitori si è notevolmente allargata. Proprio per questo oggi è preferibile chiamarla ‘comunicazione aumentativa’. In effetti, l’aggettivo ‘alternativa’ sembra implicare un aut-aut, o questo modo di comunicare o quest’altro, senza considerare la fluiditĂ , trasversalitĂ  e plasmabilitĂ  della comunicazione. Nella societĂ  odierna, ricca di diversitĂ , le potenzialitĂ  di questo tipo di comunicazione sono essenziali per sormontare, attraverso strumenti giĂ  disponibili a bassa o alta tecnologia, barriere linguistiche e comunicative che con la comunicazione verbale non si è in grado di superare.

Strumenti e modalità di utilizzo della comunicazione aumentativa alternativa: riflessioni e spunti emersi dall’incontro con LanguageAid

Quali sono gli strumenti ai quali possiamo ricorrere in questo tipo di comunicazione? Quali tra questi sono giĂ  a nostra disposizione, e quali, invece, dovrebbero essere sviluppati? 

Durante l’incontro con LanguageAid, una logopedista esperta del settore ci ha spiegato che, oltre alla mancanza di una raccolta esaustiva di dati, sarebbe impossibile definire a priori quali strumenti siano più efficaci, dal momento che ad ogni soggetto corrispondono bisogni comunicativi diversi; abbiamo quindi ribadito insieme l’importanza di un’accurata analisi della “filiera comunicativa”, fondamentale per analizzare e valutare le esigenze delle singole persone. Ci ha poi illustrato che, in base alla sua esperienza, quando si tratta di pazienti stranieri la scelta spesso ricade su strumenti a bassa tecnologia (come tabelle di carta o tastoni con uscita in voce). Secondo lei, la ricerca dovrebbe orientarsi verso lo sviluppo di applicazioni sul cellulare gratuite.
La discussione si è poi incentrata su Arasaac (https://arasaac.org/), una raccolta di simboli sviluppata dal Centro aragonese di CAA che si sta oggi convertendo da insieme di simboli a sistema (una sorta di grammatica dotata di elementi aventi complessità morfosintattica). Al momento della sua creazione, i simboli presenti erano assemblati insieme senza un’apparente logica di fondo. Adesso, invece, si sta cercando di stabilire regole precise per permettere ai simboli di essere abbinati e utilizzati per dare vita anche a messaggi più complessi. Arasaac offre la possibilità di scaricare tabelle comunicative che possono poi essere tradotte da persone madrelingua. Si tratta di uno strumento innovativo non solo in termini tecnologici: è accessibile, perché privo di licenza ed è più intuitivo rispetto ad altri strumenti (come Araword, la sua versione italiana, sviluppata dall’OpenLab di Asti). 

Vittoriano, un operatore medico-sanitario dell’associazione torinese Camminare Insieme [1] ha inoltre sottoposto alla nostra attenzione il problema della complessitĂ  del linguaggio usato nelle prescrizioni mediche e, quindi, la necessitĂ  di trovare una soluzione che riesca a coniugare la complessitĂ  del messaggio da comunicare al paziente straniero e l’instaurazione di un dialogo chiaro e privo di incomprensioni. Si tratterebbe di implementare soluzioni che prevedano una traduzione ma anche un adattamento del messaggio senza comprometterne l’integritĂ . 

[1] Associazione torinese che si occupa di aiutare gli utenti dei Servizi di Salute Mentale per rispondere a bisogni non soddisfatti (occupazione del tempo libero, la gestione di laboratori ludici-animativi, le attivitĂ  motorie, il teatro).

LanguageAid e la comunicazione aumentativa

La compatibilitĂ  tra il progetto LanguageAid e i principi chiave della comunicazione aumentativa è lampante. L’incontro è servito al team di LanguageAid (stavolta noi incluse) per comprendere in che direzione muoversi. Esistono sicuramente tanti strumenti a bassa e alta tecnologia di cui fare uso e progetti internazionali da cui trarre ispirazione e con cui collaborare. Sicuramente cercheremo di prendere piĂą contatti possibili con esperti del settore, ad esempio con Arasaac, che ha giĂ  elaborato delle idee interessanti sull’utilizzo della comunicazione aumentativa e la semplificazione linguistica negli ospedali e altri spazi pubblici per rendere le informazioni maggiormente accessibili. Poi, sicuramente, ciò che continueremo a fare e che è propedeutico a tutto il resto è l’analisi della “filiera comunicativa”, ovvero la raccolta di dati oggettivi ed esaustivi sui bisogni linguistici dei migranti tenendo conto delle caratteristiche dei soggetti coinvolti, il contenuto, il canale di veicolazione, le informazioni trasmesse e il contesto in cui avviene il processo comunicativo. Riteniamo che le varie funzioni della piattaforma (Text-to-Text, Speech-to-Text / Text-to-Speech e Speech-to-Speech detta anche Voice-to-Voice) siano adatte per rispondere in maniera puntuale a situazioni estremamente diverse tra loro, ma occorre informarsi maggiormente e ampliare la nostra ricerca verso la semplificazione linguistica e la comunicazione aumentativa per rendere LanguageAid un pronto soccorso linguistico al 100% e il vero portavoce della “rivoluzione” a cui auspichiamo.
A tal proposito stanno organizzando un viaggio in tre tappe: Turchia, Grecia e Bosnia. Grazie ad alcune organizzazioni locali che si occupano di accogliere la comunità migrante stanziale e in transito lungo la rotta balcanica, analizzeranno le condizioni ed i bisogni linguistici, verificando con loro la possibilità (o l’impossibilità) di soddisfarli e capire in che misura LanguageAid è in grado di facilitare la comunicazione. In occasione di questo viaggio verranno anche effettuati i test della quarta funzione Voice-to-Voice insieme alle e ai migranti ospiti. Per affrontare questo viaggio è stata lanciata una campagna di raccolta fondi per poter acquistare materiali e sostenere gli spostamenti: https://gofund.me/453d0b1b.

Concludiamo con un’ultima considerazione: la traduzione può essere un potente mezzo per superare le difficoltĂ  linguistiche anche quando la comunicazione non prevede l’uso esclusivo di parole. Invitiamo quindi colleghi e colleghe a riflettere sull’importanza del proprio ruolo sociale.
A tal proposito, se anche voi come noi volete dare il vostro contributo o scoprire di piĂą su Language Aid, visitate il sito https://languageaid.org  oppure scriveteci a info@thechamberoftranslations.com per avere maggiori informazioni. Non dimenticate di seguirci su tutti i nostri canali social per restare aggiornati sulla nostra collaborazione. Non vediamo l’ora di potervi dire di piĂą sui nostri prossimi progetti!

Visita https://languageaid.org per scoprire di piĂą!

Uno speciale ringraziamento a Giulia Bacherini e al team LanguageAid per la collaborazione alla stesura dell’articolo e per tutto il magnifico lavoro che svolgono quotidianamente per aiutare chi ha bisogno, con le parole e non solo. #languagematters

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